Pete Townshend acoustic: "Overture" (from Tommy) - played by Paolo Somigli (Chitarre Magazine)
Автор: ChitarreMagazine
Загружено: 2014-02-02
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Paolo Somigli, docente di chitarra.
Lezioni di chitarra a domicilio, Roma.
Per contatti: [email protected]
Da un estratto dall'articolo di Paolo Somigli pubblicato sul numero 336 del mensile Chitarre:
Pete Townshend: un uomo che ha sempre suonato così come viveva: fra mille contraddizioni e dissonanze, con violenza e dolcezza, senza ritegno o con estrema timidezza. Con esplosioni rabbiose e chiaroscuri delicatissimi. Sfrontato, eppure elegante e preciso come un rasoio affilato, Pete suona e conosce la chitarra come le proprie tasche, così che quando lo ascolti ti lascia muto; e ancora oggi il ragazzino che era in lui è sempre pronto ad aggredire con zampate improvvise o a blandire con carezze inattese.
E Townshend era anche un grandissimo, strepitoso chitarrista acustico, non dimentichiamocelo. Anzi, forse è proprio ascoltando il suo lavoro all’acustica che possiamo avere un’immagine più chiara e precisa delle sue straordinarie capacità tecniche; privo di qualsiasi distorsione, il suo lavoro appare ancora più nitido e sconvolgente. Un esempio luminoso di carica furiosa e di precisione millimetrica è quella sorta di assolo acustico contenuto nel brano “Overture” che - in Tommy - apre il disco. Nella parte finale del brano Pete mostra letteralmente i muscoli all’acustica e si dimostra ancora una volta straordinario e geniale.
“Overture” è fondamentalmente un campionario di tecniche chitarristiche e, nonostante si tratti di sola chitarra acustica, siamo indubitabilmente di fronte a un pezzo rock: Townshend lo chiarisce fin dall’inizio, proponendo una ritmica tesissima e vigorosa, giocata su un Dsus2 in dropped D, miscelando pause di sedicesimi a secche artigliate sui bassi. La sensazione di trovarsi di fronte agli Who per intero è forte: l’energia è la medesima. Molto si deve alla grande capacità di Pete di sfruttare al massimo i chiaroscuri, in ogni passaggio, tanto è ampia la dinamica del suo playing, dai pianissimi più tenui agli sforzati più violenti. L’uso di dissonanze magistralmente distribuite in arpeggi assai veloci rivelano la sua antica frequentazione con il banjo, mentre il frequente uso di rapidissime terzine di sedicesimi rappresenta uno dei suoi marchi di fabbrica e denota un polso scioltissimo; e costante è la ricerca degli accordi di seconda o quarta sospesa. A questo proposito vale la pena di ricordare quanto Pete abbia amato in gioventù certa musica barocca inglese (Henry Purcell fra gli altri) con i suoi tipici orpelli, vedi appunto le risoluzioni degli accordi sospesi sulla terza. Buffo, per uno dei più grandi e maledetti chitarristi della storia del rock, no?
Paolo Somigli
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