Rio Rovigo, senza parole - Il video che andrà nelle scuole

Il 14 marzo scorso nel rio Rovigo, affluente montano del fiume Santerno, una frana ha portato alla luce i rifiuti di una discarica degli anni Settanta, migliaia di tonnellate di pattume rimasto sepolto per oltre mezzo secolo. Plastica, vetro, imballaggi e oggetti d’uso quotidiano che, nonostante il tempo, sono ancora perfettamente riconoscibili.
La mostra "Rio Rovigo senza parole", allestita prima al Centro sociale La Tozzona poi al Cidra di Imola, è curata dall’etnoantropologo Andrea Benassi e da Gaolab. La mostra nasce dal materiale raccolto nel rio Rovigo: plastica, vetro, imballaggi e oggetti d’uso quotidiano che, nonostante il tempo, sono ancora perfettamente riconoscibili. Benassi li ha fotografati e raccolti lungo il corso del torrente per trasformarli in una vera e propria esposizione della nostra società: un racconto di desideri, consumi e illusioni, che nell’era dell’usa e getta diventano rifiuti. Oggetti che parlano di una vicenda specifica del passato, la difficoltà a gestire una massa crescente di rifiuti prodotti dalla città di Firenze, fino alla “soluzione” temporanea trovata nel comune di Palazzuolo, ma che sono il simbolo del nostro presente e uno spauracchio per il futuro.
A promuovere l’arrivo della mostra a Imola è stato il gruppo di volontari Puliamo i fossi, con l’intento di ampliare la sensibilizzazione nelle scuole e nella comunità. L’obiettivo è creare un cortocircuito emotivo: mettere a confronto la bellezza incontaminata della natura con l’impatto materiale e simbolico dei rifiuti umani. La mostra non è solo denuncia ambientale: è memoria, riflessione e responsabilità. Un invito a guardare oltre il rifiuto e a riconoscere in esso un frammento della nostra storia collettiva.
Con questo video realizzato dalla nostra testata su una conferenza pubblica e con immagini in loco di Andrea Benassi, il gruppo Puliamo i fossi porta l’educazione ambientale nelle scuole del territorio.