Alto Adige | storie da vivere | Albicocche alpine - Sogni e tenacia

In Val Venosta ci sono solo centoventi agricoltori di albicocche e più di duemila coltivatori di mele. Fino a quindici anni fa in Val Venosta le albicocche erano una vera e propria rarità. Stavano scomparendo. Nella frutticultura le mele erano un investimento decisamente più redditizio. Troppo testardi per rinunciarvi, una manciata di contadini ha voluto mantenere la tradizione delle albicocche e ha così creato una nicchia felice in cui avviare il proprio piccolo mercato.

Martin Fliri Dane è il papa delle albicocche. Il suo albicoccheto a Tubre in Val Monastero ad agosto brilla di colori giallo-arancio. Per tutto l’anno attende con ansia il momento in cui le albicocche inizieranno a cadere dai rami: solo allora saranno perfettamente mature. Venti anni fa Fliri si è fatto persino portare in Alto Adige la varietà Hunza dagli alpinisti che andavano in spedizione in Pakistan. Ha inoltre provato, insieme al Centro di sperimentazione agraria Laimburg, a creare una nuova varietà per la Val Venosta.
Secondo Karl Luggin, proprietario del maso Kandlwaalhof a Lasa, in Val Venosta, "non basta dedicarsi solo alla coltivazione delle mele". Così, con tutta la famiglia, Karl Luggin si impegna nella creazione di diversi prodotti con albicocche venostane come aceto, frutta secca, marmellate, mostarda e senape alle albicocche. Vere e proprie prelibatezze.
Il maso Ausserloretzhof di Lasa, invece, è il regno della distillazione. Il padrone di casa, Günther Tappeiner, si è specializzato in grappe. "Le albicocche devono essere profumate", afferma. "Anche per la grappa vanno usate albicocche colte in piena maturazione". Lo stesso Günther seleziona uno per uno i frutti da usare per il distillato.

La raccolta delle albicocche a Lasa è un momento di festa: ogni anno ad agosto il paese si riempie di stand gastronomici, musica e prodotti tipici per l’evento Marmo e albicocche.

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