Eneide – Libro IX: Eurialo e Niso – La fedeltà, l’impeto e il sangue

Descrizione
Nel Libro IX dell’Eneide, Enea è lontano, partito per cercare alleati.
Il campo troiano, rimasto solo, affronta l’assalto improvviso di Turno, spinto da Giunone.
Inizia così una lunga notte di guerra, dove il poema passa dal fragore delle armi al silenzio del sacrificio.
Mentre i Rutuli circondano l’accampamento, Giove permette un prodigio: per intervento della dea Cibele, le navi troiane — costruite con il legno sacro del monte Ida — si trasformano in ninfe marine, salvandosi dal fuoco. È il segno che il fato di Enea non può essere distrutto, ma soltanto sospeso.
Sul campo, invece, la guerra si ferma in un respiro d’attesa.
È qui che emergono Niso ed Eurialo, due giovani uniti da amicizia e pietà.
Nel cuore della notte si offrono per una missione volontaria: attraversare le linee nemiche e raggiungere Enea per avvisarlo del pericolo.
L’impresa si trasforma in tragedia. Tra i corpi addormentati, un bagliore tradisce Eurialo: lo scintillio del suo elmo alla luce della luna.
Scoperti, vengono circondati. Eurialo cade per primo, trafitto da Volscente; Niso, tornato per difenderlo, uccide il nemico e muore su di lui.
Due morti, una sola anima.
All’alba, i nemici espongono le teste dei due amici.
Nel campo troiano, la madre di Eurialo irrompe con un grido di dolore che interrompe la narrazione e porta la voce dell’umanità dentro la guerra.
È il punto più lirico e commovente dell’intera Eneide: il momento in cui la pietas vince la forza.
Questo libro non racconta una vittoria, ma la memoria del sacrificio.
Dopo la notte di Niso ed Eurialo, la guerra continuerà, ma nulla sarà più uguale: il lettore sa ormai che anche nel buio si può amare con coraggio.
📜 Nota filologica
Nel testo virgiliano la sequenza è precisa: Eurialo muore per primo, Niso lo vendica e cade subito dopo.
L’episodio delle navi di Cibele precede la sortita notturna: è l’ultimo intervento divino prima che la scena si restringa al dramma umano.
📖 Fonte primaria: Virgilio, Aeneis, Liber IX (vv. 1–818)

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