Gli Inglesi Derisero Le Basi Sottomarine Italiane Come Primitive, Finché 800 Bombe Non Riuscirono...
Автор: AsseTV
Загружено: 2025-11-20
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Nel marzo 1941, i comandanti della Royal Air Force studiavano fotografie aeree delle basi sottomarine italiane a La Spezia e Taranto. I rapporti dell'intelligence britannica classificavano le installazioni come "vulnerabili, con ingegneria primitiva rispetto agli standard tedeschi." Gli ufficiali britannici prevedevano di neutralizzare entrambe le basi con "due o tre raid consecutivi." Ma quello che non potevano vedere dalle fotografie aeree era ciò che gli ingegneri italiani Giuseppe Rota e Vittorio Cuniberti junior avevano costruito sotto la superficie: penne sottomarine con coperture in cemento armato stratificato di 4,6 metri di spessore, officine sotterranee scavate a 15-20 metri di profondità nella roccia solida, sistemi di binari sommersi per il caricamento dei siluri, bacini di carenaggio protetti da 20 metri di roccia e cemento. Per diciotto mesi, dal giugno 1940 al novembre 1942, la RAF condusse centinaia di raid su La Spezia e Taranto, sganciando oltre 800 bombe da 250 e 500 chilogrammi. Ogni mattina, gli ufficiali britannici analizzavano le fotografie aeree aspettandosi di vedere strutture distrutte. Invece, i sommergibili italiani continuavano a entrare e uscire dai porti senza interruzioni. Nelle officine sotterranee, operai come il capotecnico Alessandro Marini lavoravano sotto le bombe, riparando motori diesel, sostituendo componenti elettrici, mantenendo operativa la flotta sottomarina italiana. Il novembre 1942 portò l'ammissione britannica: un rapporto classificato del colonnello Arthur Pemberton concluse che le installazioni italiane dimostravano "caratteristiche di progettazione che superano le nostre valutazioni iniziali" e risultavano "essenzialmente invulnerabili agli attacchi aerei convenzionali." Quando gli Alleati catturarono le basi nel settembre 1943, il maggiore Charles Hewitt scrisse che le strutture italiane "superano in sofisticazione ingegneristica qualsiasi installazione equivalente britannica o americana." Quelle stesse strutture servirono sommergibili alleati per il resto della guerra, continuarono a operare durante la Guerra Fredda, e rimangono pienamente operative oggi come basi NATO, ottantasette anni dopo la loro costruzione. Nel 2003, la Royal Air Force Historical Society ammise che i bombardamenti delle basi italiane rappresentarono "uno degli insuccessi più evidenti della campagna aerea britannica nel Mediterraneo."
FONTI:
Le informazioni presentate in questa storia derivano da molteplici fonti storiche e archivistiche. I documenti dell'Ammiragliato Britannico conservati presso i National Archives del Regno Unito contengono rapporti dettagliati sui bombardamenti delle installazioni navali italiane tra il 1940 e il 1943, inclusi piani operativi della RAF, valutazioni dei danni basate su fotografie aeree di ricognizione, e analisi post-raid della campagna di bombardamenti strategici nel Mediterraneo. La tesi di dottorato "British Perceptions of the Italian Navy 1935-1943" pubblicata dalla Brunel University analizza in dettaglio come l'intelligence britannica valutasse le capacità navali italiane prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli archivi dell'Ufficio Storico della Marina Militare Italiana conservano i progetti originali delle installazioni di La Spezia e Taranto, incluse specifiche tecniche di costruzione, calcoli strutturali, e documentazione sulle squadre di ingegneri responsabili della progettazione. Il Naval War College degli Stati Uniti ha pubblicato studi dettagliati sull'attacco a Taranto e sulle operazioni navali italiane nel Mediterraneo. La pubblicazione "Building the Navy's Bases" del Dipartimento della Marina degli Stati Uniti documenta l'utilizzo alleato delle basi navali italiane dopo il 1943. La Royal Air Force Historical Society ha pubblicato nel 2003 un volume sulla campagna di bombardamenti nel Mediterraneo che include analisi critiche dell'efficacia dei raid contro le installazioni italiane. Il rapporto NATO declassificato del 1994 sulle installazioni portuali militari nel Mediterraneo fornisce valutazioni comparative sulla longevità e sofisticazione delle strutture italiane costruite negli anni Trenta. L'Accademia Navale di Annapolis include dal 1985 materiale didattico sulle fortificazioni portuali italiane nel curriculum per ingegneri navali. Testimonianze di veterani italiani che lavorarono nelle basi durante i bombardamenti sono conservate negli archivi locali di La Spezia. Documenti del War Office britannico analizzano i costi e l'efficacia dei bombardamenti strategici. Rapporti di ispezione post-armistizio redatti da ingegneri alleati nel settembre-ottobre 1943 descrivono dettagliatamente le caratteristiche strutturali delle installazioni italiane. Studi accademici pubblicati dall'Istituto Italiano di Studi Strategici analizzano la qualità delle infrastrutture militari italiane del periodo 1920-1940. Archivi fotografici della RAF documentano i danni effettivi causati dai bombardamenti...
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