Il Sakè, origine e tradizione del vino di riso
Автор: Bevi con Fra
Загружено: 2019-03-27
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La parola Sake, letteralmente significa bevanda alcolica, è un termine generale che in Giappone viene utilizzato per indicare qualsiasi liquido alcolico, locale e non! Quello che fuori dai confini nipponici siamo abituati a chiamare sake in giapponese è definito NIHONSHU, traducibile in Alcol del Giappone. A partire da suo nome, nonostante ormai il sake viva il suo momento di esplosione di popolarità, attorno ad esso ruota ancora una certa confusione, innanzitutto a causa del suo colore trasparente è spesso scambiato per un distillato mentre in realtà è una bevanda alcolica, tra i 13 e i 16 gradi, ottenuta dalla fermentazione del riso a cui viene aggiunta acqua e un micro organismo conosciuto come Koji, il suo processo produttivo è assimilabile a quello della birra e per le sue proprietà organolettiche è paragonabile ad un vino. Le origini del sake si perdono nel buio profondo dei millenni, la sua storia è iniziata in Cina probabilmente nel 5000 avanti cristo, di quel periodo sarebbero infatti i primi resti fossili riconducibili alla bevanda e fu portato in Giappone dalle prime migrazioni, convenzionalmente però si fa risalire la nascita della bevanda alla scoperta della coltivazione del riso di cui in Giappone si ha notizia dal secondo secolo a.c. periodo a cui risalgono anche i primi documenti scritti dell’usanza dei giapponesi di sorseggiare una bevanda ottenuta dal riso. Le primissime testimonianze di produzioni di sake lo denominavano “Kuchicami no sake” che letteralmente significa “sake masticato in bocca” in quanto le sacerdotesse rigorosamente vergini dei templi shintoisti masticavano il riso e lo sputavano in un recipiente. In questo modo gli enzimi della saliva, convertivano l’amido in glucosio fermentabile. Inizialmente questa produzione, data anche la particolare laboriosità del procedimento, era riservata alla sola corte imperiale dove pochi godevano del privilegio di assaggiarlo e dove veniva offerto anche agli dei in particolari rituali religiosi e propiziatori. Fu Nel 700 d.c con l’avvento della scoperta del koji, una muffa che viene fatta crescere sui chicchi di riso affinché liberi gli zuccheri contenuti nell’amido, ovvero il glucosio, che il sake iniziò la sua diffusione a livello nazionale e agli inizi dell’800 d.c si comincia a rinvenire documentazione relativa alle sue tecniche di produzione molto simili a quelle utilizzate ancora oggi.
Pertanto vi darò ora qualche nozione sulla sua sua produzione, vi accennerò semplicemente che per la produzione di sakè si utilizza un riso diverso da quello destinato alla tavola, è un riso comunemente denominato sakamai che si caratterizza per chicchi più leggeri e di basso contenuto proteico, ne esistono diverse varietà da cui discendono altrettante varietà di sakè. Il riso in questione è poi sottoposto ad un processo di levigatura che serve per rimuovere la superficie del chicco in cui si trovano proteine e grassi, più tale levigatura sarà profonda e più arriverà vicina al cuore del chicco meno grassi e proteine saranno presenti nella bevanda che si otterrà e sulla base di queste percentuali sarà determinata la categoria di sakè che ne discenderà.
Da sapere è fondamentale che il riso, diversamente all’uva utilizzata per il vino, è un cerale e non contiene pertanto acqua, indispensabile per processo di fermentazione necessità e quindi va aggiunta. E l’ ingrediente che compone la bevanda per l’80% e deve essere rigorosamente pulita e fresca, più l’acqua utilizzata sarà pura più il gusto del sake ottenuto risulterà dolce e apprezzato. I sake più pregiati vengono realizzati con acque di fonti ricche di potassio, magnesio e fosfato che favoriscono la crescita del lievito di Koji, che come accennato in precedenza è una muffa che viene fatta crescere sul chicco di riso e che libera il glucosio in esso contenuto che sarà poi trasformato in alcol da dei lieviti aggiunti nell’ultimo passaggio. In alcune produzioni viene aggiunto anche dell’alcol ottenuto dalla distillazione dello zucchero di canna. La qualità del riso utilizzata, la profondità delle levigatura, la quantita di koji e tutte le caratteristiche strettamente legate alle tecniche di produzione andranno poi a determinare la classificazione dei sake nelle categorie che sono stabilite dal governo giapponese. A differenza del vino, il sake, non ama l’invecchiamento va consumato in tempi relativamente brevi, non oltre i 16 mesi. Il sake non viene mai versato direttamente dalla bottiglia, ma da questa è travasato in un particolare recipiente di ceramica chiamato TOKKURI che deve essere maneggiata con entrambe le mani: con la destra si tiene e con la sinistra si sorregge il fondo.
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