NIKOLAJEWKA: L'ULTIMO ASSALTO ALLA BAIONETTA NELLA NEVE

26 gennaio 1943. Steppa russa, 200 km a sud di Voronež.
Meno quaranta gradi. Bufera di neve. Buio totale.
Quarantamila soldati italiani sono intrappolati dietro le linee sovietiche. Circondati. Senza cibo, senza munizioni, senza speranza. Da settimane camminano nella neve, inseguiti dall'Armata Rossa. Migliaia sono già morti congelati.
Davanti a loro c'è un solo passaggio verso la salvezza: il villaggio di Nikolajewka.
Ma Nikolajewka è difesa da tre divisioni sovietiche. Carri armati, artiglieria, bunker fortificati. Una fortezza nel ghiaccio.
Gli alpini della Tridentina hanno fucili che si inceppano per il gelo. Hanno baionette arrugginite. Hanno solo le loro gambe, ormai congelate, e la disperazione di chi sa che è l'ultima carta da giocare.
Il generale Reverberi guarda i suoi uomini. Sa che sta per ordinare un massacro. Ma sa anche che se non attaccano, moriranno tutti nella neve.
Alle 06:00 del mattino darà l'ordine più folle della Seconda Guerra Mondiale: "Tridentina, avanti!"
Un assalto alla baionetta. Contro i carri armati. Nella bufera. A quaranta sotto zero.
Questa è la storia di Nikolajewka. L'ultima carica degli alpini. Il giorno in cui diecimila uomini decisero di morire in piedi piuttosto che congelati come cani.
La battaglia dimenticata che salvò quarantamila vite.

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