L'ultimo Alchimista: Eugène Léon Canseliet
Автор: Il DEMONETIZZATO - di Massei Luca
Загружено: 2025-09-20
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Signor Canseliet, ha fatto dell’oro?
Sì, lo so, comunemente per l’alchimista è colui che ha fatto dell’oro. E l’alchimia stessa è una scienza che ha come fine la fabbricazione del metallo prezioso. È, del resto, la definizione che si trova comunemente nelle enciclopedie.
Per quanto mi riguarda, come ho detto nel mio libro Alchimie, sì, ho fatto dell’oro, seguendo un metodo spagirico. Non per mezzo dell’elaborazione filosofale stessa, ma per un procedimento particolare, come ce ne sono tanti. Se ne trovano molti nei vecchi trattati, che ho ripreso da Blaise de Vigenère nel suo Trattato del fuoco e del sale. Spaventoso, no, non è redditizio.
Perché, in definitiva, lo scopo dell’alchimia è sempre una maggiore purezza. Esiste una definizione dell’alchimia che è eccellente ed è quella che dà Martinus Rulandus, Martin Ruland, nel suo Dizionario di alchimia. Egli dice così: l’alchimia è una puris separatio, substantia puriore. Vale a dire: l’alchimia è la separazione dell’impuro da ciò che è più puro.
L’alchimia è ai margini ed è nella clandestinità, si potrebbe dire. Perché? È forse perché la si associa spesso alla magia e alla stregoneria?
Perché mai la chimica dovrebbe essere nella clandestinità? E nella nostra epoca, soprattutto, non mi risulta che si sia mai perseguitato un alchimista, a meno che ovviamente non si dedichi alla frode o all’inganno. Ma l’alchimista, per la sua stessa filosofia, non può essere né un falsario né, tanto meno, un truffatore.
Allora qual è il posto dell’alchimia nel mondo moderno?
È molto importante. È tanto più importante che io credo, non tanto alla sua resurrezione, perché essa è sempre esistita, ma al favore che conosce nuovamente, obbedendo a una corrente cosmica che gli antichi avevano ben intravisto, vale a dire i suoi universali.
E attualmente, vede, io stesso quando ho visto questo movimento che si sviluppa, questo movimento, questo ritorno in grazia dell’alchimia, avevo creduto fosse un semplice entusiasmo passeggero, invece no. È un movimento profondo, molto reale, e che si estende sempre più e che, soprattutto, interessa la gioventù.
Ma come spiega questo entusiasmo dei giovani per l’alchimia?
Si può pensare che vi sia in loro, in questa gioventù, un’insoddisfazione. Innanzitutto nell’insegnamento che ricevono. La scienza, diciamo, qualifichiamola “ufficiale”, se vogliamo, la scienza insegnata presenta certe lacune. Lacune che l’alchimia viene a colmare. Esiste un ambito che è deliberatamente respinto, ignorato: l’ambito spirituale.
Ambito che personalità come Einstein stesso hanno riconosciuto, anche attraverso le sue matematiche, come un piano superiore. Divino, bisogna pur dirlo. Anche Oppenheimer vi giunse, dopo la sua famosa bomba. Attualmente continua a cercare la verità e proprio questo enigma che rimane dietro le equazioni matematiche, le quali, giunte a un certo punto, non sono più controllabili.
E c’è un altro fattore che interviene: questa sorta di abbandono delle forze spirituali, prendiamo in particolare la massoneria e la Chiesa. La massoneria che cerca sempre il verbum dimissum, la parola perduta, e la Chiesa che sembra proprio sul punto di perderla. Ciò che avviene nel vostro laboratorio, non fosse altro che con l’abbandono del rituale magico della messa, l’abbandono del latino e poi questo ricorso a un ecumenismo per compiacere.
Quali operazioni svolgete attualmente nel vostro forno, nel vostro laboratorio? Sono sempre le stesse operazioni. Quelle che il filosofo, lo stesso alchimista, eseguiva nei templi egizi o nelle officine del Medioevo. L’alchimia è immutabile.
Su un piano pratico, cosa può portare l’alchimia al mondo moderno?
Essa apporterà al mondo equilibrio che gli manca.
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