Una scena che ci interroga - XXVI Domenica del T.O.
Автор: Giuseppe Mani
Загружено: 2025-09-26
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È una scena a cui assistiamo ogni giorno e di cui siamo attori. Il titolo potrebbe essere “Indifferenza”: un banchetto solenne, ricco di vivande e di persone importanti e un povero che chiede l’elemosina alle porte del palazzo. Tra i due momenti regna un clima preciso: l’indifferenza. Niente di peggio e di più scandaloso: l’immagine di una umanità profondamente divisa dalla fame e che si ignora, non si conosce, non si percepisce perché ha perso la sensibilità.
È quello che avviene ogni sera davanti alle notizie del telegiornale: scene di povertà estrema dovute alla violenza e alla cattiveria degli uomini, bambini e adulti che muoiono di fame, ospedali bombardati, seguiti da scene luccicanti delle premiazioni di film, di gare sportive, di successi letterari. Si passa da una scena all’altra con una velocità che non lascia il tempo di riflettere. Questa è l’educazione che la nostra società ci offre per sensibilizzare e creare comunione. Che mondo! L’indifferenza dinanzi a tutto è uno dei mali peggiori dell’uomo che è chiamato a vivere in comunione. Il Papa non fa mai mancare nei suoi discorsi il ricordo per chi soffre, ma anche quello è sopraffatto dall’interesse per la riuscita della celebrazione e del raduno.
Gesù oggi ci mette dinanzi la rivoltante giustapposizione dei due mondi quello dell’opulenza e quello dell’estrema povertà. Una sola cosa unisce questi due uomini: la loro condizione mortale. Lungi dall’avvicinarli. La morte sceglie il loro non incontro.
L’invito pressante di Gesù non è stato ascoltato, non ha risvegliato nella memoria il codice dell’Alleanza: “Se in mezzo a te ci sarà un fratello bisognoso non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti a lui” (Dt 15,7-11). Niente potrà colmare l’abisso creato dalla ricchezza egoistica e la povertà, neppure appellandosi al Padre Abramo. Davanti a questa risposta il ricco tenta una preghiera per i suoi fratelli, rivendica un segno per convertirli. Non è l’eccezionale che conviene invocare. La risposta è chiara: “Che ascoltino Mosè e i profeti e che mettano in pratica la Parola di Dio”.
Oggi questa Parola risuona alle porte del nostro cuore. Non saremo salvati dalle apparizioni, dai miracoli spettacolari, ma dalla messa in pratica della Parola di Dio nel contesto della nostra vita familiare, personale, professionale. Ascoltare gli appelli alla condivisione, all’impegno, ai servizi caritativi, tutto ciò che ci propongono le nostre parrocchie.
L’invito solenne a Timoteo ci riguarda tutti. Ci invita alle nostre relazioni con gli altri e con Dio. “Cerca di essere giusto, religioso, vivi nella fede e nell’amore”. Il nostro riferimento al Battesimo e alle esperienze religiose non basta. Paolo continua a dire a Timoteo: “Continuiamo a combattere per la fede? Purtroppo, siamo tentati dalla fatica di lasciar andare tutto, di accomodare la nostra fede al gusto del tempo e di lasciarci prendere dal conformismo e dal modo di pensare che vanifica il nostro tempo”.
“Mantenere il comandamento del Signore rimanendo irreprensibili e retti”: non sarà mai proteggerci dalla paura di fallire; non potrà mai essere un guardare indietro, ma essere rivolti dinamicamente verso Cristo, con l’impegno costante di portare con i credenti la testimonianza della fede, con gli occhi e il cuore rivolti verso Colui che Viene.
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