53 - Torri Valpolcevera - AGGIORNATO - 4K
Автор: Le antiche Fortificazioni di Genova
Загружено: 2024-11-27
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Nel 1817, il Corpo Reale del Regno Sardo, intraprese la realizzazione di Torri a pianta circolare; l'ideazione e progettazione fu opera del maggiore Andreis, Direttore del Genio Militare di Genova. Di queste Torri esistono due modelli, differenziati dal diametro. Questo era condizionato dallo spazio disponibile presso il sito di realizzazione. Modificando il diametro, variavano di conseguenza anche le dimensioni. Delle Torri piccole, tre sulla val Bisagno e quattro sulla val Polcevera, l'unica completata in parte ed utilizzata (non a scopi militari) è stata quella dello Zerbino. Le Torri dovevano essere provviste di caditoie (per difendere, da eventuali assalti di "minatori" nemici, la base della costruzione), cisterna e magazzini. Potevano contenere pochi uomini ed essere armate con tre pezzi d'artiglieria. Da innalzare su alcuni promontori derivati dal crinale ricalcato dalle Nuove Mura, servivano per la difesa del piede della cinta. Potevano difendersi mutuamente con l'artiglieria, essere protette dai fucilieri postati sulla Cinta, ed in un secondo tempo essere collegate, tramite caponiere, al cammino coperto delle Mura.
Nel 1824 queste opere furono messe in discussione, perché non c'era bisogno di "invocare a consiglio (...) aiuti e idee straniere", critica con riferimento alle idee basate sui tracciati di Montalembert, le quali incominciavano a prendere piede in Austria ed in Germania. Il francese Marc-René, marchese di Montalembert (1714-1800), tra il 1761 ed il 1796 scrisse un'opera denominata "La fortification perpendiculaire", nella quale espose i principi di questo nuovo tipo di fortificazione, composta da opere in grado di presentare sempre una faccia perpendicolare alla direzione d'attacco del nemico. Con questo nuovo sistema si rivalutava il ruolo del fuoco della difesa attraverso l'ausilio di torri casamattate, le quali schieravano più ordini di fuoco sovrapposti. nel 1825 la realizzazione delle Torri fu sospesa; furono terminate solo quelle di San Bernardino, di Quezzi e del Monte Ratti.
Secondo l'originario progetto, queste opere dovevano presentare un vano seminterrato con magazzino e cisterna, un piano terra, un primo piano ed una copertura a terrazza. Nei progetti originari non è specificato, ma l'accesso all'interno doveva avvenire tramite ponte levatoio; rileviamo, infatti, che tutte queste opere sorgono nelle vicinanze di un dosso, il quale avrebbe dovuto rappresentare la strada d'accesso, terminante appunto al ponte levatoio.
In val Polcevera esistono quattro piccole Torri. In via ai Piani di Fregoso, verso valle, nascosta da un dosso ed in parte dalla vegetazione, incontriamo la prima di queste opere, chiamata di Monticello. È nelle stesse condizioni della torre Chiappe.
La seconda è quella di Granarolo, sistemata poche centinaia di metri dopo. Questa è la meglio conservata e la più completa, quantunque manchino anche qui il piano superiore e la terrazza. La terza è quella di Monte Moro, raggiungibile continuando la discesa lungo le Mura ed imboccando via Bartolomeo Bianco. Anche in questo caso furono edificati solo il sotterraneo e parte del piano terra. L'ultima, poco distante, è Torre delle Bombe, della quale furono realizzate le sole fondamenta.
Secondo alcune fonti, le Torri sono collegate alla cinta muraria, o tra loro, da un camminamento sotterraneo, ma osservando la distanza dall'una all'altra e la conformazione del terreno, si può escludere quest'ipotesi. Fra l'altro queste fortificazioni, come già detto, non furono mai completate né utilizzate, quindi anche la prevista caponiera di collegamento alle Mura (o un'ipotetica galleria sotterranea) non fu certamente iniziata.
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