AVE MARIA (Tosti) - LUCIO LUPOLI, tenore
Автор: Lucio Lupoli
Загружено: 2024-12-15
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F. P. Tosti, " AVE MARIA "
LUCIO LUPOLI, tenore
Francesco Schiattarella, pianoforte
(performance puramente "devozionale", al culmine di una laringite influenzale)
Chiesa di S. Anna dei Lombardi, Napoli, 8 dicembre 2024
Francesco Paolo Tosti, autore di famose romanze da salotto, si diploma a Napoli in violino e composizione nel 1866, per poi trasferirsi a Roma, dove, sfruttando la sua voce tenorile, si esibisce come cantante: diviene allora celebre e inizia a frequentare gli ambienti mondani della capitale, anche come maestro di canto di Margherita di Savoia, futura regina d’Italia. Stringe amicizia con un suo corregionale, il grande poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio, e si trasferisce quindi a Londra, dove nel 1880 entra alla corte della regina Vittoria, ancora come maestro di canto. Presso la Royal Academy, Tosti impartisce lezioni ai rampolli della casa reale non solo inglese, ma anche di Spagna, Norvegia, Svezia e Romania, nonché ad Alessandra, moglie dello zar Nicola II. I rapporti con l’Italia riprendono poco dopo la nomina a baronetto: nel gennaio del 1911, il musicista rientra nell’appartamento romano di via Veneto 84, mai del tutto abbandonato, dove muore settantenne nel 1916. Tra le oltre cinquecento romanze per canto e pianoforte di Tosti, nate dalla collaborazione anche con poeti illustri come Fogazzaro, Pagliara, D’Annunzio, e che sono state interpretate dalle voci dei maggiori cantanti lirici dell’Ottocento e del Novecento, si ricordano brani tuttora molto eseguiti, quali: “L’alba separa dalla luce l’ombra”, “Malìa”, “L’ultima canzone”, “Marechiaro”, “ ‘A vucchella”. Al cospetto del tema dell’ “AVE MARIA”, composta nel 1881 con il sottotitolo di “piccola melodia”, Tosti preferisce tuttavia rinunciare alla corda del più tipico lirismo melodico e ripiegare sulla tecnica del racconto, complice la poesia di Carmelo Errico (1848-1892): “Per le fulgenti cupole dorate”, tre strofe di cinque versi tutte chiuse dal saluto “Ave Maria”, si presenta infatti come una ballata, dal significato anzi non poco profano, laddove nella strofa mediana il protagonista orante (una fanciulla, nella versione originale) si ritrova a pregare invano vedendosi improvvisamente davanti l’oggetto del proprio amore. Dunque un’ "Ave Maria" diversa da quelle che normalmente ascoltiamo dentro e fuori la liturgia. Il testo è intriso di romanticismo, è la preghiera rivolta a Maria nell'ora del tramonto, nel momento della difficoltà: prima l’invocazione all'interno di una liturgia fatta d'incenso, di organo che suona; poi l'Ave Maria rivolta alla Madre in un momento di angoscia, quando si avverte come un senso di solitudine; infine l'Ave rivolta a Maria nel momento del pianto: "Arridi all'amor mio, Vergine santa: abbi pietà di me, Vergine pia". Dal punto di vista musicale, nell’ introduzione così come nell'accompagnamento, sono avvertibilissime le modalità proprie dell’organo da Chiesa, anche con il ritardo, le volute della musica sacra.
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