Pisa - Allevamento e Agricoltura nel Parco di San Rossore
Автор: Storia Di Pisa
Загружено: 2018-10-28
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Vacche di razza maremmana, pisana e chianina allevate in uno stato semibrado.
Un'agricoltura florida e ricca di prodotti tipici.
La pisana, conosciuta anche come mucco pisano o anche mucco nero è una pregiatissima razza bovina allevata in Toscana nel pisano. È una razza a rischio di estinzione.
Questa razza bovina vede la sua origine nella zona costiera della provincia di Pisa, fra San Rossore, Tombolo e Migliarino. Acquisì una rilevante popolarità verso la fine del 1700 essendo una razza bovina estremamente versatile, infatti trovava impiego nella produzione del latte, nella produzione di carne, ma soprattutto nei lavori agricoli.
Durante i primi decenni del novecento gli allevamenti contavano circa 20 mila capi di bestiame sparsi nel territorio pisano, da tale numero si è arrivati a scendere a circa 70 capi durante il 1980. Per questo motivo nel 1998 è partito un programma di conservazione per cercare di salvare la razza dall’estinzione.
Le origini della pisana sono da ricercare nell'antichità e nasce dall’incrocio della razza Schways con capi locali e successivamente vede l'incrocio con Chianina, Olandese e Durham.
Si presenta con un manto marrone-rosso scuro caratterizzato da una striscia più chiara sul dorso, il naso e le orecchie sono chiare. La razza pisana era usata prevalentemente per i lavori agricoli e per questo motivo ne è stato abbandonato progressivamente l'allevamento con l'avvento delle macchine agricole moderne.
Fino alla fine del XX secolo furono ospiti del Parco alcuni dromedari, popolarmente ed erroneamente chiamati "cammelli". Il primo esemplare, posto sotto la custodia di uno schiavo, arrivò nel 1622 grazie al Granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici, convinto che il clima mite di San Rossore potesse essere adatto a questo genere di animale. L'esperimento riuscì e col tempo lo stesso Granduca ne introdusse altri provenienti dall'Africa, che vennero sfruttati per i lavori agricoli e per il trasporto del legname.
Un buon numero di dromedari venne donato alla Tenuta Granducale dal generale Arrighetti, che li aveva sottratti ai Turchi durante la battaglia di Vienna, nel 1683. Grazie a successive aggiunte, il numero delle bestie raggiunse quota 196 nel 1789, per poi calare progressivamente nel corso del XIX secolo, al cui termine era possibile contare la presenza di ancora un centinaio di animali.
L'allevamento, famoso in tutta Europa per la sua unicità, forniva regolarmente piccoli dromedari ai vari circhi equestri. Il numero dei dromedari si ridusse drasticamente durante la Seconda guerra mondiale, poiché molti esemplari vennero mangiati dalle truppe dell'esercito tedesco che, dopo l'8 settembre 1943, si era accampato nella Tenuta. Nel 1956 per volere del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi ci fu un tentativo di reintroduzione che, però, non diede l'esito sperato. L'ultimo esemplare rimasto arrivò agli anni Sessanta del XX secolo, e il suo scheletro è attualmente esposto al Museo di Storia Naturale e del Territorio di Calci.
Per ringraziare dell'ospitalità ricevuta per la Route Nazionale nel 2014 l'associazione Agesci ha donato al parco tre dromedari.
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