Oppure il diavolo | Tra immagini potenti e conflitti di paese

Riflessione intorno a "Oppure il diavolo" di Luca Tosi.

In greco il "diabolos" è un calunniatore, uno che usa le parole con malizia sperando di mettere in ombra l'essenza con l'apparenza. E proprio con una calunnia e con la sua smentita inizia questo romanzo breve e denso, ricco di immagini potenti e scritto con una lingua cristallina e impastata di romagnolo.
La storia di un trentunenne a cui tocca vivere con la madre nel paese di Poggio Berni in provincia di Rimini, con tutto ciò che di tragicomico può derivare da questo contesto. Il logos del paese arricchisce la lingua del narratore e, purificato, entra in pagine limpide e taglienti. E proprio come il logos della tragedia attica ci fa interrogare sui conflitti: su quanto mettano in moto l'azione della vita, quanto siano ustionanti e come possano lasciare cicatrici che assomiglino molto ad una malinconia incomprensibile.
Il linguaggio e il non capirsi, le azioni irreversibili, danno vita a immagini che invitano all'interpretazione e in questa puntata provo ad individuare alcuni legami con l'archetipo della madre di Jung (ma anche con i conflitti materni di Gadda, Manganelli, Foster Wallace e Roth).
Così si arriva alla domanda che l'autore sembra fare a tutti noi, con un umorismo brillante che sa dire due cose opposte nella stessa frase, senza contraddirsi: che percentuale di diavolo abbiamo dentro? E quanto è ridicola e sconcertante questa cosa?


Link dell'intervista all'autore:    • La scrittura tra romanzo e racconto, diale...  
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