Padrone mio e intervista - Matteo Salvatore e Otello Profazio
Автор: Ermanno Profazio
Загружено: 2025-04-18
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Tra le tante canzoni di Matteo Salvatore (1925-2005), "Padrone mio" non passa inosservata perché l'idea di fondo é geniale: qui la lotta di classe viene paradossalmente rovesciata e il lavoratore, invece di porsi in maniera conflittuale, si impegna a contribuire alla ricchezza del suo "padrone" e accetta addirittura qualsiasi umiliazione, pur di non perdere il lavoro.
Poco importa se la canzone nasca da una storia vera e le parole siano state dettate da una reale disperazione del lavoratore in una societá contadina in cui il "Padrone" poteva disporre e sfruttare a piacimento i prestatori d'opera, o invece sia una pura invenzione del cantastorie, estrapolata da situazioni di povertá e sfruttamento estreme di cui é stato direttamente o indirettamente testimone.
Il canto del cantastorie pugliese riesce a parlare di povertá, sfruttamento e soprusi di un mondo passato in modo molto piú efficace rispetto a molte canzoni di denuncia, lotta e protesta, perchè qui, invece dell'invettiva, si usa la sottile arma della disperazione e dell'ironia, una ironia che ricorda canzoni quali "Ho visto" un re" di Dario Fò.
Otello Profazio considerava Matteo Salvatore il piú grande di tutti i cantastorie: era affascinato dalla sua straripante inventiva e soprattutto dal modo crudo e al tempo stesso ironico con cui cantava il desiderio di sopraffazione dell'uomo sull'uomo.
TESTO
Patrone mio, ti voglio arricchire
Patrone mio, ti voglio arricchire
come nu' can' i' voj fatijà
come nu' can' i' voj fatijà
Quando sbaglio, damm' li bott'
Voglio la morte, ma nu mme cacciá!
Voglie la morte, ma nu mme cacciá!
Io tengh' li figghj' che vonn' lu pan'
Chi ce lu daj' jè lu tatà
Patrone mio, ti voglio arricchire
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