“L'UNDICESIMA SIBILLA” (AUDIOLIBRO): MONTI SIBILLINI, UNA TEMPESTA DI PIETRA ATTRAVERSO LE ERE
Автор: Michele Sanvico
Загружено: 2025-03-14
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Dall'audiolibro de "L'undicesima Sibilla" - Prima dell'incontro nefasto, fatidico e raccapricciante con la Sibilla degli Appennini, prima di salire fino alla cima del Monte Sibilla, il protagonista del romanzo si reca presso un suo grande amico, esperto geologo e naturalista (un caro ricordo di un amico vero, scomparso da tempo: Mirco Galli), per tentare di comprendere cosa lo attenderà «lì sotto, immobile nel buio; quali profondità incommensurabili, quali abissi sconfinati, insaziabili di tenebra; quali tortuosi cunicoli, quali spaventosi meandri» sarà possibile percorrere, una volta entrati all'interno della Grotta della Sibilla, penetrando attraverso il secondo ingresso. Ed è la geologia spaventosa, potente dei Monti Sibillini a entrare in scena in questo straordinario capitolo:
«Mi mostrò come quelle dorsali immense poggiassero su un basamento occulto, sepolto nel grembo della terra; uno strato poderoso, massiccio di calcare, profondo molte centinaia metri, formatosi quando il mare irruppe, durante il Triassico superiore, più di duecento milioni di anni fa, nel ventre dell’arcaico continente che univa le terre, destinate alla frattura e al distacco, dell’Europa e dell’Africa. Mi fece scorgere come su questa piattaforma, forgiatasi nel corso di ere obliate e inaccessibili, nel ciclo infinito della morte e della vita di creature marine innumerevoli, dimoranti in numero incalcolabile nelle acque di quell’oceano scomparso, agissero in seguito le forze cieche, titaniche operanti sulla crosta della terra, che disarticolarono, smembrandolo, l’antico fondo marino, traendone, in età giurassica, circa centocinquanta milioni di anni fa, immani blocchi di calcare, sollevandone i volumi giganteschi, ruotandone gli assi, deformandone le colossali ossature, creando depressioni enormi subito colmate dalle acque del mare, le cui onde ancora coprivano, turbolente, quelle smisurate rupi di pietra.
E, finalmente, rese manifesto al mio sguardo come, dieci milioni di anni fa, nel Miocene, le potenze sovrumane che abitavano il ventre oscuro della terra, risvegliatesi da un sonno torbido e irrequieto, scagliassero verso l’alto, oltre la superficie burrascosa del mare, le vette mastodontiche dei Monti Sibillini, comprimendone i fianchi monumentali, piegandone i contrafforti maestosi, generando infine la catena che avrebbe assunto l’aspetto attuale, follemente, inconcepibilmente arcuato, nel corso degli sconvolgimenti pleistocenici avvenuti due milioni di anni fa».
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