AMARCORD |

Era una di quelle notti che sembrano scritte per restare nella memoria, quando il calcio smette di essere soltanto un gioco e diventa un ricordo da custodire nel cuore. Napoli–Borussia Dortmund, finita 2-1 per gli azzurri, non fu solo una vittoria: fu un viaggio emotivo, un abbraccio collettivo tra squadra e popolo.

Il San Paolo – o per chi preferisce chiamarlo così, il Maradona – era un mare di luci e di voci, una bolgia che pareva voler spingere il pallone in rete a ogni azione. Contro i gialloneri, padroni d’Europa in quegli anni, il Napoli scese in campo con l’anima, con quella fame che nasce solo quando giochi per un popolo intero.

Il primo gol arrivò come un lampo, di quelli che ti fanno saltare in piedi senza accorgertene. Poi il raddoppio, che sapeva di sogno: lo stadio esplose, le bandiere si intrecciavano come onde nello stesso mare. Il Borussia reagì, accorciò, ma il Napoli non mollò: serviva coraggio, serviva cuore, e quella notte gli azzurri ne ebbero più di chiunque altro.

Il terzo gol fu come una liberazione, un grido che partì dal campo e risalì fino ai Quartieri Spagnoli, a Forcella, a Fuorigrotta. Era la vittoria del carattere, della passione, della fede incrollabile in una squadra che sapeva farsi famiglia.

Il 2-1 finale arrivò con un brivido, perché il calcio a Napoli non è mai lineare, non è mai comodo: è sempre sudore, batticuore, paura e gioia insieme. Ma proprio per questo, quando l’arbitro fischiò la fine, le lacrime e i sorrisi si mescolarono in un’unica emozione.

Fu una notte di orgoglio, una di quelle che si raccontano agli amici al bar, ai figli, ai nipoti: “Io c’ero quando il Napoli batté il Borussia Dortmund 2-1

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