Microbiota Intestinale e controllo delle MICI/IBD
Автор: CEMAD - Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS
Загружено: 2018-09-17
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Il Dott. Franco Scaldaferri (Specialista in Gastroenterologia) ci chiarisce il ruolo del microbiota Intestinale nell'insorgenza e controllo delle malattie infiammatorie croniche dell'intestino (MICI/IBD) CEMAD Centro Malattie dell'Apparato Digerente del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS http://www.cemadgemelli.it/
Per maggiori informazioni sul microbiotasi può consultare anche https://microbioma.it/
"Il microbiota nelle malattie infiammatori croniche intestinali è un argomento di altissimo interesse, soprattutto negli ultimi mesi e negli ultimi anni. E devo dire, a buona ragione, perché ormai sono tantissime le evidenze che mostrano chiaramente sia come alterazioni del microbiota possono predisporre all’insorgenza di una MICI, o condizioni che modificano il microbiota intestinale – l’utilizzo di antibiotici, i viaggi, lo stress o altre condizioni – possono quindi predisporre all’insorgenza di una MICI. Ma quello che è più intrigante e interessante nell’ultimo periodo è che il microbiota è chiaramente modificato nei pazienti affetti da malattie infiammatorie, nei pazienti che hanno un’attività infiammatoria florida e a volte anche nei pazienti che apparentemente sono in remissione ma che invece hanno comunque un’attività infiammatoria sottostante. Quindi il microbiota nelle MICI, in generale, può essere nella maggior parte dei pazienti modificato e avere qualche forma di alterazione. Come sapete il microbiota, a oggi, e la disbiosi, si studiano grazie a metodiche nuove molecolari e a oggi dobbiamo necessariamente parlare di una riduzione della biodiversità che è tipica soprattutto delle fasi acute di malattia, di a volte un vero sbilanciamento della proporzione di diversi phyla batterici, quindi Firmicutes Bacteroides, per esempio, e sicuramente un altro concetto importante è il ruolo dei proteobatteri che sono prevalentemente preponderanti soprattutto nelle fasi di attività di malattia. Poi ci sono germi specifici come il famoso Faecalibacterium prausnitzii o altri candidati che sono germi positivi che nelle malattie infiammatorie sono invece down-regolati, cioè sono poco espressi o non rappresentati, e ovviamente questo ha un’implicazione importante, sia dal punto di vista metabolico, per quello che queste specie microbiche possono produrre o non produrre, ovviamente immunologico, del metabolismo e così via. Infatti, non ci deve sorprendere che dobbiamo considerare il microbiota e l’intestino come un’unità funzionale. Un intestino che non assorbe, un intestino infiammato, è un intestino di un uomo che avrà un’attività infiammatoria molto alta, che avrà una sarcopenia, una perdita di peso e così via. Questi sono tutti gli argomenti importanti e il microbiota fa sicuramente la parte del leone. Ma la nuova frontiera della ricerca è sicuramente quella di dire: può un microbiota alterato darci un aiuto ed essere un candidato di risposta ad una terapia? Questo è l’argomento di ricerche, che anche il gruppo del prof. Gasbarrini, di cui sono parte integrante, sta cercando di vedere negli ultimi anni, in collaborazione con la microbiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Policlinico Gemelli, dove lavoro, e anche l’importante collaborazione con il Bambino Gesù, sia ospedale pediatrico sia gastroenterologia, sia microbiologia. Che cosa ci suggeriscono le nuove ricerche che abbiamo in parte presentato anche ai congressi nazionali e internazionali? Che il microbiota può avere e può dare molecular e microbioial signature di risposta alle terapie. Certo siamo in fase molto iniziale, ed è ovvio che l’identificazione di un eventuale marcatore microbiologico non potrà certamente rispondere a tutti i pazienti che abbiamo in trattamento, però è un altro parametro, insieme probabilmente ad altri parametri clinici, bioumorali e così via, che cominciano a far emergere il concetto della medicina personalizzata. E poi, come non fare riferimento anche ad un altro concetto importante: il trapianto fecale nelle malattie infiammatorie croniche intestinali. Quando il microbiota è molto alterato nelle malattie infiammatorie, perché non considerare anche questa opportunità? Su questo ovviamente c’è tanto sui social, tanto ci dicono i nostri pazienti, c’è poco in termini di “evidence-based”. Nel Crohn siamo ancora lontani dal definire un potenziale ruolo del trapianto del microbiota nella gestione delle malattie. Probabilmente c’è qualche evidenza in più sulla colite ulcerosa. Ci sono due trial già pubblicati: uno positivo, anche se dimostra in maniera non eclatante una risposta importante ad un trapianto di microbiota eseguito mediante clistere; un altro trial un po’ più difficile da spiegare, perché utilizza l’autotrapianto rispetto all’allotrapianto e che utilizza il sondino naso-gastrico, cosa che non è stata fatta nel corso dell’altro trial per la colite ulcerosa, che invece ha dei risultati negativi o comunque non completamente negativi (segue)...
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